.
A mio padre
A mio padre
I
Dopo il voluto viaggio,
affannato, stanco, sudato,
mi siedo
- giunto in paese -
sul gradone del "Vescovado",
lo scalone grande:
mio padre,
non più in grado di reggersi,
scaricato da spalla,
s'appoggia al muro.
Non più a casa il mio babbo,
più non posso,
ora che ha il "vizio"
di sporcarsi addosso,
di far cadere sempre il piatto in terra,
mosso da quel tremore del Suo polso . . .
L'Ospizio
ha detto sì:
vuoto
s’è fatto un letto.
II
Socchiusi gli occhi, con le spalle al muro,
papà piano si lagna d’un lontano ricordo:
anch'Egli riposò,
trent'anni prima, nel portare mio nonno
in quell'Ospizio . . .
Fioco sento il pensiero
gorgogliare lento,
dalla sua bocca, roco.
Sveglio di colpo, e attento,
mi riscuoto,
riprendo Tata accollo,
alla veloce.
Maledetta la fretta che m’ha colto!
Mi sento dire,
pensando ad alta voce:
“Andiamo, presto, lunga è la strada del ritorno".
--
Om.De.In., 8 Ottobre 1974
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