martedì 25 maggio 2010

AURORA E AMORE

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Dura fatica  scalare la cima del monte,
ma infine Amore la vede:  è moltopiù
di come pensava che fosse: immagine
incantevole di dea dormiente. Aurora!
Immediato un abbraccio, durante
il risveglio sensuale: milioni di amplessi
condensano l’Essere-Amore, ora in Lei
corrisposto, divina, l’Aurora felice lo bacia.



Ma il Sole s’inalza, lo accieca, lo preme
lo schiaccia, lo brucia, l’incalza geloso.
Lo spinge e l’uccide dall’alto del Monte.
Precipita e piomba nel fondo per sempre.
Lento il suo corpo si fonde nel verde,
accanto s’essicca saxifraga grassa dal lento
mortale fiorire. Un canto di cigno si sente lontano





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sabato 15 maggio 2010

LUNGA E' LA STRADA DEL RITORNO


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A mio padre

I


Dopo il voluto viaggio,
affannato, stanco, sudato,
mi siedo
- giunto in paese -
sul gradone del "Vescovado",
lo scalone grande:
mio padre,
non più in grado di reggersi,
scaricato da spalla,
s'appoggia al muro.

Non più a casa il mio babbo,
più non posso,
ora che ha il "vizio"
di sporcarsi addosso,
di far cadere sempre il piatto in terra,
mosso da quel tremore del Suo polso . . .

L'Ospizio
ha detto sì:
vuoto
s’è fatto un letto.


II


Socchiusi gli occhi, con le spalle al muro,
papà piano si lagna d’un lontano ricordo:
anch'Egli riposò,
trent'anni prima, nel portare mio nonno
in quell'Ospizio . . .

Fioco sento il pensiero
gorgogliare lento,
dalla sua bocca, roco.

Sveglio di colpo, e attento,
mi riscuoto,
riprendo Tata accollo,
alla veloce.

Maledetta la fretta che m’ha colto!
Mi sento dire,
pensando ad alta voce:
“Andiamo, presto, lunga è la strada del ritorno".






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Om.De.In., 8 Ottobre 1974


mercoledì 12 maggio 2010

SCOPPIO D'AZZURRO E STREPITO DI MARE

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Ferdinando Ragni - tramonto sul mare in burrasca
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La luce del sole, il buio nel vento
è come richiamo, è come lamento
che, ad ogni mattina, ci porta la vita:
la rosa che olezza, la gioia gradita,
sventura subìta, la fresca carezza
del dolce mattino, è come un inizio,
è come la fine del certo destino,
è come la fede di un baldo novizio . . .


Poi, solite cose: l' eterno tormento
dell' ora che fugge, lo stesso momento
incosciente del sonno, l' eguale
sbadiglio al risveglio, la solita noia.
Il solito alterno eternarsi dei vivi,
chi astuti, chi giulivi, lieti ignoranti;
chi tristi: cosciènti di ciò che gli eventi
casuali inducano incerto il futuro . . .


Questa la vita: il fatto smarrito
nel nulla; ed è questo l' uomo: bambino
piangente, una culla, l' òbito inizia . . .
Gode chi ha fortuna, pena chi langue
ed in mestizia perdona sofferente
ché senza scampo è oppresso dai potenti:
atàvica ingiustizia del creato,
seguente della mia progènie amplesso.


E solo un giusto, se quel giusto esiste,
nel morir sa godere della vita:
scoppio d' azzurro e strepito di mare.
Ma questo prima d' autodistruzione,
ingorda per qualcuno che s' accresce
nel rapporto d' egoismo inquinante,
umana creazione delinquente
e, peggiore realtà, che sempre mente.


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Om.De.In., 5 Gennaio 1957

domenica 9 maggio 2010

TERREMOTO

Post n°5869 copiato e pubblicato il 15 Aprile 2009 da dolcefiore52
"blog.libero.it/Stellate" Tag: poesia.

TITOLO ORIGINALE DA POETARE.IT :

Non sempre e per tutti è il Libero Arbitrio.
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File:Safari ants.jpg
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Che fanno queste turbe ploranti
di insetti ciechi, piegati, feriti,
davanti a un icòna a... un altare,
ad un simbolo? Sono Formiche
e loro sono state calpestate
da un... piede d'umano, destino
cieco stavolta, per loro terremoto:
spingendo da sotto il formicaio
è rovinato uccidendo il corpo
di giovani, vecchie, bambine…
formiche. Stavolta il libero arbitrio
è quel piede: disegno che loro
non sanno le Formiche. Con pavide
antenne tremanti un’arcàna potenza
esse invocano, Dio - che è anche
il loro - domina e vince, attende
eterno al di là della vita.

*
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Gli umani son come formiche.
Non osano alzare la fronte,
ricever la luce del vero: lente
falangi passano, chino il capo.
Visi sparuti, occhi atoni. Non sanno.
Spenti, vesti a brandelli cadenti
poveri scheletri caduti. Fanciulli
già morti o scampati all’estremo,
coperti di sangue feriti affamati
assetati d’amore, vegliardi
che invano protendon la tremula
mano ad eroi sconosciuti, fratelli
disperati che tentano, li salvano
da fisica morte: strappandoli
alle macerie disastro del sisma:
suppliscono al libero arbitrio.
A Dio giustizia infinita, bisbigliano
preci quel fascio d'umani, sommessi
elevano pianti di gloria.

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Revisione effettuata dall'autore il 30 Maggio 2010.

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Nota:

Ogni morte è il misterioso preludio di una risurrezione, il mistero che sigilla la vita, che non è tolta ma solo mutata. (ROL).

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Paolo Santangelo

sabato 1 maggio 2010

L’ULTIMA COMETA


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File:Halebopp031197.jpg

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Quel fiume, tra i glicini nostalgico,
è pieno di amori lontani.


Passato unico per noi che ignoriamo
la prova: distruzione incombente, mentre
d’incanto nascono nuovi amori, quando più veloce, il cuore
anche di passione batte: nell’istinto incentivo.


Ma cos’è “l’incentivo”
se non ulteriore piacere-malattia di vivere,
senza richiesta dell’interessato, forse senza
neanche avere già subìto prove
(non mi sovvien ricordo).


“Il peccato originale” è parentesi chiusa
da Amedeo di Savoia.
Non esiste problema col sistema di Dio,
che mi fa amare la noja della mia
“privacy”.


L’altro, intanto, l’Amore, scompare . . .
all’improvviso . . . come è arrivato!


E dalle nostre tombe, ormai polvere,
torniamo a continuare il nostro viaggio,
in attesa di nuovi asteroidi.




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Torino 29 Giugno 1999

TRAGUARDO


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File:Caravaggio - Il riposo durante la fuga in Egitto.jpg
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Fatta
è la vita
di piccole cose, parte
e tutto di noi: consolazione
al pretesto del passaggio terreno, al miraggio del viaggio.

Accontentarsi di ìnfime cose, carpe diem,
e dir grazie pensando a chi non può neanche aver quelle:
enormità per chi ha fame, ingiustizie, le guerre.

Di poi tutto verrebbe in seconda battuta,
in secondo piano, non più importante, più nulla,
soltanto minime cose ordinarie, separandole dal senso
del giorno per giorno.

In pazienza, per ciò che si ha, per ciò che si soffre ...

Fin dal buio della
notte alla
Luce.
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Revisione effettuata dall'autore il 23 Giugno 2010